Monaco da I.B.
Kuhn su disegno del Trentino V. Armani.Si può notare la bellissima facciata della chiesa, con due pilastrini prismatici di granito ai margini e
con il graziosissimo pozzo veneziano a ghiera, dominato dall'aquila di Trento, su una colonna scanalata con alla base un
elemento decorativo rappresentante una scultura della testa di un leone. La parrocchiale di San Pietro venne fabbricata dal 1465 al 1485 dal principe vescovo
Giovanni Hinderbach «in stile gotico con volte e archi a sesto acuto e non si distingue che per una simmetrica dignitosa semplicità». Scrive lo storico Simone
Weber a questo proposito: « La ragione della persistenza dello stile gotico nelle nostre chiese, in parte si può ammettere dipenda dalla lontananza dei centri e
dal ritardo dello sviluppo dell' arte, ma in parte si deve attribuire anche alla natura alpestre del nostro paese, al paesaggio sublime delle vette e delle selve
delle nostre valli, dove il gotico esprime forse meglio il sentimento religioso e meglio armonizza con la natura circostante ».Come è noto l'attuale chiesa di San
Pietro venne eretta da Giovanni Hinderbach con le elemosine che venivano elargite per onorare la memoria del Simonino, estendendo le stesse elemosine a tutta la
diocesi di Trento. C'è qualche storico che afferma che la chiesa di San Pietro venne costruita con i soldi che vennero tolti agli Ebrei, dopo quel famoso processo e
al termine delle terribili condanne che vennero loro inflitte. Ma esiste anche, d'altra parte, un documento dell' 8 ottobre 1473, inviato dal vescovo a tutti i
curatori d'anime, affinché si provveda alla raccolta dei fondi necessari perla costruzione della nuova chiesa, con la speciale concessione di una particolare
indulgenza di 40 giorni a tutti coloro che « manus adiutrices ponexerint ad aedificatione chori S. Petri ». Sulla chiesa di San Pietro ritroviamo anche una
descrizione dello storico Agostino Perini, che vogliamo riportare: « È fra tutte le chiese antiche della città, le navette laterali sono ad archi di pieno centro,
quello della gran nave di mezzo si avvicina al sesto acuto sostenuto da colonne di marmo. La facciata di questa chiesa, oltre le impronte del tempo presentava delle
difformità architettoniche e disdiceva alla bella contrada che dalla stessa parrocchia porta il nome di San Pietro. Fu per testamento del conte Gaspare Bortolazzi,
il quale legò 20.000 fiorini a questo scopo, che fu eretta la nuova facciata dietro il disegno del marchese Selvatico, professore e direttore dell' Accademia di
Belle Arti di Venezia. La facciata fu cominciata avanti il 1848 e compita nell'anno 1850 ».Su uno dei contrafforti della parte esterna della chiesa, precisamente
nel primo che guarda verso l'imbocco di piazzetta Anfiteatro, si può ancora decifrare questa scritta tedesca, scolpita sulla pietra con caratteri gotici: « Den
Perler hant bezalt Hans Dietmar von Tramin 1472 », attestante che fu appunto opera di quel
maestro muratore di Termeno. Com' era la primitiva facciata della chiesa di San
LA CHIESA OGGI 2004
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Pietro, dopo quel , terribile incendio del 29 giugno 1624? Era una facciata molto povera, sia per la
forma che per l'importanza di una delle più note chiese parrocchiali di Trento. Il portale, molto rozzo e semplice, era rinchiuso da un porticato, coperto di ferro,
che venne affrescato nel 1495 da Giovanni Fuchs e pagato con sette Fiorini dal decano Alberto Gfeller. Ma quel pittore non si dichiarò soddisfatto del compenso che
gli era stato assegnato e gli si dovette dare un' aggiunta di altre cinque Lire. Il Mariani afferma che la chiesa di San Pietro era un tempo « come un ingombro
d'armi, d'altari e d'anticaglie all'uso tedesco », ridotta dopo l'incendio in forme « che ha più del proprio e all'italiana. Il campanile è di pietra viva e
termina in una cupola piramidale color verde, sulla quale era stato collocato un grande gallo dorato in atto di cantar la sveglia a tutti gli abitanti del rione ».
Nelle varie descrizioni storiche relative alla chiesa di San Pietro emergono, nel corso dei secoli, diverse considerazioni avallate da documenti, dalle quali
potremmo facilmente constatare che alcuni pievani erano di lingua e tradizione tedesca. Il primo nominativo che appare nelle varie vicende storiche è certamente un
tale « prete Enrico detto di S. Pietro che nel 1206 compera una casa nel borgo di S. Pietro ».Nel governo di quella parrocchia ritroviamo nei secoli XII e XIV
diverse denominazioni attribuite ai religiosi che vi operavano come cappellani, viceplebani, vicari. Nel XIV secolo ritroviamo, tra gli amministratori della chiesa
D. Federico d'Austria e Venturino di Bergamo, che venivano designati con il termine di rettori perpetui, perché di nonna affittavano le rendite della pieve, contro
pagamento di un determinato importo. Il 13 gennaio dell'anno 1380 appare un documento dal quale risulta che « vengono affittate a Enrico di Carinzia, canonico
trentino, la decima di San Pietro per dieci anni, per Lire 80 di moneta trentina ». Sino a questa data i vicari della chiesa sono tutti italiani, mentre dall'anno
1437 il capitolo della cattedrale inizia a nominare due vicari, uno italiano e uno tedesco, quest'ultimo detto anche semplicemente « cooperator o concionator
nationis alemannae ». Più tardi prese anche il nome di vicario, o pievano, o rettore alemanno, per distinguerlo da quello italiano. Aveva il compito di
prestare le sue cure ai malati tedeschi che venivano ospitati nell' ospedale alemanno e di celebrare una messa nella cappella dello stesso ospedale, dedicata a Santa
Barbara. Ecco sorgere così continui e violenti litigi tra i due pievani di nazionalità diverse, che dovevano usufruire della stessa chiesa per le loro funzioni
religiose. E da questi litigi « non erano nemmeno esenti gli stessi fedeli, dando alle contese un colore di nazionalità ». Si arriva al punto che le reliquie del
Simonino dovevano essere mostrate agli italiani dal plebano italiano e ai tedeschi da quello tedesco. Le questioni si inasprivano maggiormente quando si trattava
dell'abitazione dei due plebani, delle elemosine che dovevano ottenere un'equa ripartizione, di altri fattori che riguardavano l'amministrazione della parrocchia.
Così nelle continue diatribe interveniva spesso con una certa veemenza anche la popolazione di quel sobborgo, che affermava che « la denominazione di chiesa
alemanna è dovuta all'abuso della popolazione tedesca che chiama la piazza del Cantone, piazza tedesca ». In un ricorso presentato da quei parrocchiani
al Capitolo, come risulta dall'archivio ancor oggi esistente, gli italiani dichiaravano che « non sta bene la moglie con due mariti, né la cura d'anime con due
pievani », mentre don Pietro, pievano alemanno affermava che il pievano italiano non deve ingerirsi nella cura d'anime tedesca. Diatribe, ricorsi, pretese e liti a
non finire, tanto che nel 1650 il pievano italiano, riferendosi a quello tedesco, dichiarava apertamente che « questo quartiere resta scandalizzato dal suo
officiare, che spesso non si sa se canti per greco, o per tedesco, e conseguentemente li detti popoli restano ben poco affezionati a detta chiesa ».
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