a
Milano
Una storia che
parte da lontano -
pag 2
La
Centrale del Latte di Milano - Lo Stabilimento
Nasce la Centrale del Latte.
Con l'avvento del fascismo negli anni
'20, il problema del latte alimentare diventava di interesse
nazionale, non solo perché il latte favoriva "lo sviluppo
fisico della stirpe", ma anche per i suoi effetti sulla
tutela del patrimonio zootecnico e sulla crescita
dell' industria nazionale. L'interessamento dello stato per
la "questione del latte" si manifestava con il primo
intervento legislativo in questo campo, la legge del 9
maggio 1929 nota come la "carta del latte". Basandosi sui
risultati delle più moderne ricerche scientifiche, essa per
la prima volta indicava nella pastorizzazione il
processo fondamentale per rendere sano e sicuro il latte
alimentare. La "carta" sanciva altresì la nascita di un
nuovo organismo, la Centrale del Latte comunale, con il
compito di ricevere, trattare e distribuire il latte
alimentare nei mercati cittadini.
Pubblicità sui mezzi pubblici- Anni '70 |
Granarolo - Tetrapak
Milano, un fiume di latte per il
consumo giornaliero. A
Milano, più che altrove, il dibattito sulla "questione
del latte" agitava l'amministrazione municipale: essa
infatti operava in un ambiente in cui il problema si
manifestava in modo drammatico, sia per il peso del settore
nel complesso dell'economia milanese, sia per l'elevato
livello dei consumi. Verso la metà degli anni '20, il
capoluogo lombardo registrava un livello di consumo
superiore a quello di ogni altra città italiana e
paragonabile a quello dei maggiori paesi europei. Mentre
Roma utilizzava circa 90.000 litri giornalieri e Torino
125.000, Milano consumava mediamente tra 170.000 e 190.000
litri al giorno: un piccolo "fiume". D'altro canto le
sofisticazioni, così diffuse da costituire quasi la norma,
ponevano a serio rischio la
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salute pubblica: come sottolineavano
alcune statistiche, "l'entità dell' annacquamento in un gran
numero di casi oltrepassò il 20% e il 30% e talvolta anche
il 40%. Si ebbe un caso col 46% e uno col91 %". 1930:
la Centrale del Latte di Milano è operativa.
Nella seconda metà degli anni '20, le autorità municipali
decidevano di costruire a Milano la più grande Centrale del
paese e, forse, d'Europa. Per la futura gestione dell'
azienda, l'amministrazione comunale stabiliva di non
procedere a una municipalizzazione, ossia una gestione
diretta dell'azienda da parte delle autorità cittadine, ma
di concedere la gestione a imprenditori privati.
Dopo un processo di scelta, che vide scatenarsi gli
interessi contrapposti degli operatori del settore, la
conduzione della nuova azienda veniva affidata alla" Società
anonima generale centrali del latte", una società per azioni
costituita dalla Polenghi Lombardo di Lodi,dalla Latte
condensato
Avviso dell'imminente entrata in funzione della Centrale del
Latte 6 dicembre 1929 |
lombardo di Milano, dalla Egidio
Galbani di Melzo, dalla Industria commercio latte San
Giorgio, dalle ditte Minotti Carlo e Galbiati Luigi di
Milano e dalla Banca Nazionale del Lavoro che esprimeva il
presidente della società, Arturo Osio. La Centrale del Latte
di Milano cominciava a operare il 2 gennaio 1930.
L'azienda muove i primi, difficili passi.
La nuova Centrale, che sorgeva su un'area comunale racchiusa
tra Via Castelbarco, Viale Toscana e l'oasi verde del parco
Ravizza, occupava quasi 500 dipendenti ed era considerata
un' azienda modello dal punto di vista tecnologico e
organizzativo: una "azienda dei tempi moderni", reputata "la
più vasta e potente di quante in esercizio", un fiore all'occhiello del
capoluogo lombardo per la modernità degli impianti.
L'accoglienza che la popolazione riservò alla Centrale non
fu però,all'inizio,particolarmente entusiastica. Alle tensioni dei produttori di latte, infuriati per essere
stati esclusi dalla
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gestione, si aggiungevano l'ostilità dei lattivendoli (la
sigillatura delle bottiglie impediva sofisticazioni e
annacquamenti) e lo scetticismo degli stessi consumatori.
Intorno al prodotto si diffondevano le voci più strane,
alimentate ad arte soprattutto dai lattai. Si diceva, ad
esempio, che la pastorizzazione eliminava le sostanze grasse
e riduceva il valore nutritivo dell'alimento e rendeva il
latte poco adatto al consumo da parte dei bambini e degli
ammalati. Si diffuse addirittura la notizia che il latte
pastorizzato veniva trattato con "farine e sostanze chimiche
nocive alla salute".
Dalla Centrale, latte sano e di
qualità.
A poco a poco i consumatori
compresero che il latte della nuova Centrale era
qualitativamente migliore e che la pastorizzazione evitava
il diffondersi di infezioni e di malattie. All'affermarsi di
questa consapevolezza contribuirono le numerose iniziative
della Centrale. L'azienda era presente alle fiere
campionarie, istituiva la "giornata del latte" (in cui
venivano distribuiti gratuitamente centinaia di ettolitri di
prodotto) e organizzava visite allo stabilimento per le
scolaresche. Del resto, i positivi risultati del nuovo
sistema di produzione del latte furono presto evidenti a
tutti: la diffusione delle malattie infettive, e in
particolare del tifo, andava calando in modo vertiginoso,
mentre il consumo di latte aumentava sensibilmente. La
Centrale del Latte riscuoteva ormai la fiducia di tutti i
milanesi.
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Tetrapak rep.Confezionamento -
Macchina conf. Bottiglie
La
guerra
e il dopo la guerra: verso la
municipalizzazione. Le vicende della
seconda guerra mondiale sconvolgevano non solo la città di Milano,
ma l'intera penisola, rendendo difficili le comunicazioni tra il
Nord e il Sud d'Italia. In Lombardia non arrivava più l'olio
prodotto dalle regioni centro-meridionali e si rendeva necessario un
aumento della produzione di grassi alimentari. Il settore
lattiero-caseario lombardo si trovò così ad affrontare due ordini di
problemi, in contrasto fra loro: garantire ai centri urbani il
fabbisogno di latte e incentivare la produzione di burro. La
situazione era ulteriormente aggravata dalla costante diminuzione
della materia prima, a seguito anche di una diffusa riduzione
dell'allevamento bovino.
Produrre
il latte in tempo di guerra.
A Milano, la carenza di materia prima rendeva impossibile sia
rifornire completamente la città, sia distribuire il prodotto con
regolarità. D'altra parte, contrariamente alle aspettative, il
fabbisogno di latte si manteneva stabile e addirittura aumentava in
alcuni periodi particolari. Nell'ottobre del 1940, ad esempio,
rientrarono in città numerosi milanesi che erano "sfollati" nelle
campagne limitrofe e il fabbisogno quotidiano di latte passò da
1.600 a 2.100 ettolitri. La Centrale non riuscì a soddisfare le
richieste dei cittadini i quali, serviti male e a orari irregolari,
sfogarono il loro malcontento sui lattivendoli.
Laboratorio
analisi del latte
Il problema della regolare distribuzione del
latte toccò il suo massimo quando l'azienda fu incaricata dal
Municipio di rifornire anche i comuni limitrofi, sede di sfollamento: qui infatti il latte non solo veniva prodotto in quantità
insufficiente, ma era spesso di scarsa qualità e ciò faceva temere
l'insorgere di malattie e di epidemie di tifo.
Poco
latte e meno nutriente.
La situazione si complicava ulteriormente verso la metà del 1942,
quando si rese necessario disciplinare la distribuzione del latte,
così come era successo per altri alimenti. Poiché il latte non
bastava per tutti, era necessario stabilire una quota di prodotto
per ogni famiglia a seconda dei bisogni: a questo scopo, ogni
latteria disponeva di un registro con l'elenco dei capifamiglia
possessori di
carta annonaria,
cui era concessa una determinata
razione di prodotto. In più, nella seconda metà del 1943 il Prefetto,
per fronteggiare l'interruzione delle forniture di olio dalle
regioni del centro-sud, imponeva di aumentare a qualunque costo la
Parco Macchine
anni '50
produzione di burro: la scrematura del latte
per favorire l'industria burri era riduceva drasticamente il valore
nutritivo dell' alimento.
La
Centrale sotto le bombe.
A queste difficoltà si aggiungeva anche il fatto che Milano, sede di
stabilimenti industriali, era un' area sottoposta a incursioni aeree.
Già la notte del 18 dicembre 1940, durante un bombardamento, lo
stabilimento era stato colpito da alcuni spezzoni incendiari: i
danni però erano stati limitati, come sottolineano le cronache del
tempo, grazie all'intervento "energico degli operai e dei dirigenti",
che avevano lavorato tutta la notte per soffocare gli incendi. Non
così accadeva nel febbraio e nell'agosto del 1943, quando i
bombardamenti aerei danneggiarono molto seriamente gli impianti e
costrinsero a rallentare la produzione.
Evoluzione delle
forme delle bottiglie di latte
Un
difficile ritorno alla normalità.
La fine della guerra e la Liberazione di Milano nell'aprile del 1945
non significarono un immediato ritorno alla
normalità, che fu anzi
per la Centrale lento e travagliato. Intanto occorreva riattivare i
pastorizzatori, i cui impianti avevano cessato di funzionare per
mancanza di combustibile: obiettivo raggiunto solo nel luglio del
1945. In secondo luogo, era indispensabile risolvere i problemi
legati all'imbottigliamento e alla distribuzione del prodotto. I
bombardamenti, la carenza di vetro, le rotture e le dispersioni
avevano durante la guerra ridotto fortemente la disponibilità di
bottiglie, tanto da costringere la Centrale a distribuire il latte
in bidoni. In più, la quasi totalità degli automezzi aziendali non
poteva circolare per la mancanza di pneumatici, in quel momento
quasi introvabili. Azienda e Comune avevano esercitato forti
pressioni sul Comando alleato per ottenere le
Inaugurazione
della nuova centrale 1957
gomme necessarie a
riattivare la distribuzione, ma le poche ottenute venivano
nottetempo rubate dalle officine.
La
Centrale diventa azienda municipale.
Sul finire degli anni quaranta, si faceva strada fra gli
amministratori del Comune di Milano l'intenzione di municipalizzare
l'azienda, cioè di rilevarne direttamente la gestione. Dopo un lungo
dibattito, che coinvolse tanto le autorità quanto l'opinione
pubblica cittadina, il Consiglio comunale votò la proposta a larga
maggioranza: la Centrale del Latte diventava un'azienda municipale
e, a partire dallo dicembre 1950, la direzione veniva affidata a una
commissione di assessori guidati da Lino Montagna.
All'inizio degli anni '60, il settore lattiero-alimentare
viene investito da profondi mutamenti, causati sia dalle nuove
esigenze e caratteristiche del mercato, sia dalla nuova legislazione
nazionale. L'obiettivo di tutelare la salute dei cittadini attraverso
la qualità del prodotto era ormai raggiunto: ora si trattava di
rispondere ai gusti e alle esigenze dei consumatori con una gamma di
offerta più ricca e differenziata. D'altro canto, le centrali
cittadine andavano perdendo il monopolio della vendita del
latte. La legge dell' Il agosto 1963, infatti, pur riconoscendo alle
centrali l'esclusiva sul latte pastorizzato, permetteva alle aziende
private di commercializzare nuovi tipi di latte (ad esempio, a lunga
conservazione) e
Furgone
promozionale 1967 |
Interno
di una latteria 1967 |
questo innescava una durissima
concorrenza.
Primo obiettivo: soddisfare le esigenze dei
consumatori
Anche a Milano andava diffondendosi
la consapevolezza che la produzione e la distribuzione del latte era
un servizio non più "di carattere igienico-sanitario", ma "industriale
e commerciale". La Centrale doveva prepararsi a fronteggiare i nuovi
compiti che la attendevano. Sul versante organizzativo, a partire
dal luglio 1960, l'azienda cessava di essere amministrata
direttamente dal Comune e assumeva maggiore autonomia operativa,
anche se i dirigenti continuavano ad essere designati dal Municipio.
Sul fronte dei processi produttivi, già sul finire degli anni '50
il vecchio stabilimento era stato abbattuto ed erano stati
costruiti nuovi impianti in grado di fornire lavorazioni che
andavano ben oltre la semplice pastorizzazione. La Centrale del
Latte era pronta a fronteggiare una concorrenza sempre più
agguerrita e a soddisfare le esigenze di una popolazione che andava
modificando gusti e stili di vita: si pensi solo al fenomeno, nuovo
per l'epoca, del cosiddetto "esodo domenicale" (la città si
spopolava per il week-end) che aveva conseguenze dirette sull'
attività dell' azienda.
Compagnia pubblicitaria anni '70nterno
|
Presentazione stand 1972 |
Prodotti
per tutti i gusti.
La
Centrale
accentuava così il proprio impegno
nel rinnovamento e nella
differenziazione della gamma di offerta. Al tradizionale latte
pastorizzato essa affiancava altri tipi di prodotto: il latte
omogeneizzato, ad esempio, confezionato nella tradizionale
bottiglia
a
collo largo, zigrinata e chiusa con
una capsula di alluminio rosso (da cui il nome "el rùs", cioè "il
rosso" in milanese); o il "Latte Duomo", sterilizzato' omogeneizzato
intero; o il "Latte magro", omogeneizzato e scremato
a
poco più dell' l %. Venivano sperimentati anche prodotti del tutto innovativi, come le bibite
a
base di latte: basti ricordare in
proposito la "Milanin", aromatizzata alla banana, al cacao o al
caffè. Anche la confezione veniva rinnovata: dal 1962 la gloriosa
bottiglia in vetro cedeva il passo al cosiddetto tetrapak, cartone
per alimenti di forma piramidale.
L'impegno per la qualità.
La Centrale imboccava un percorso di
ricerca e di innovazione che nei decenni successivi l'avrebbe
portata a coprire tutti i segmenti di mercato, a partire dalla
lavorazione della panna fino ai budini, alle creme pronte, allo
yogurt (denominato "Yogolat" e prodotto dal 1973), o ai prodotti
brevettati grazie alla ricerca sviluppata nei laboratori aziendali,
come il latte "Accadì" (1977) o i più recenti "Elleà" e "Fibralat".
Ma l'obiettivo prioritario, perseguito con forza fino ai giorni
nostri, restava quello di garantire la massima qualità del prodotto.
La Centrale di Milano era la prima azienda in Italia ad adottare il
meccanismo dei premi di qualità nell'acquisto della materia prima:
il latte che alle analisi risultava migliore veniva pagato di più.
Questo spingeva i produttori a migliorare la qualità del latte
eliminando le possibili malattie del bestiame. Il primo impegno in
questo senso riguardava l'eliminazione della tubercolosi bovina
dagli allevamenti. Nel 1967 la Centrale milanese, ricevendo il "plauso"
e il "compiacimento" della FAO, raggiungeva l'invidiabile
primato di cancellare completamente la tubercolosi dalle stalle e
indirizzava le proprie energie verso l'eliminazione di altre
patologie, con l'obiettivo di passare "dal miglior latte italiano al
miglior latte europeo".
Dirigenti
e impiegati all'atto della fondazione
La Centrale dei milanesi.
Su questi solide basi si costruiva
nei decenni il rapporto tra la Centrale, vera e propria istituzione del latte, e il cittadino milanese. Essa offriva il latte
caldo allo stadio, il latte fresco d'estate nei "bar bianchi" al
portico Sempione e nei giardini pubblici; vendeva per le strade i suoi
prodotti nei "pullman-bar", creati appositamente per "avvicinare
la massa dei consuma- tori informandoli sulla importanza del latte";
organizzava annualmente concorsi in tutte le scuole per il miglior
tema, poesia o disegno sull'argomento del latte. Dal punto di vista
commerciale, questo legame si trasformava in una posizione dominante
anche quando i regolamenti del mercato unico europeo imponevano nel
1973 la completa liberalizzazione del settore del latte. La Centrale
aveva acquisito e consolidato nel corso del tempo un primato che le
aziende concorrenti non sarebbero più riuscite a scalfire.
Visita ad una
stalla modello anni '60
L'era del marketing.
La liberalizzazione del 1973
imponeva comunque all' azienda di adottare tecniche pubblicitarie e
di marketing più moderne nella commercializzazione dei
prodotti. Forme più innovative di comunicazione (campagne
pubblicitarie, manifesti murali, annunci sulla stampa e radiofonici,
locandine sui mezzi pubblici di trasporto) si affiancavano
progressivamente alle tradizionali sponsorizzazioni, come il
sostegno agli eventi teatrali (il Buratto, il carnevale dei piccoli,
il Piccolo Teatro) o alle iniziative di pubblico interesse ("Ambrogino
d'oro"). I contenitori del latte fresco, oltre a veicolo
pubblicitario, erano utilizzati anche come strumento di
comunicazione con i cittadini in occasione di particolari
ricorrenze (8 marzo, festa della mamma, Pasqua, Natale) o per
campagne di sensibilizzazione (l'Amazzonia, la raccolta
differenziata dei rifiuti, i problemi della terza età). Queste
azioni di comunicazione e di sponsorizzazione, che contribuivano a
rinsaldare il legame della Centrale con la città, si affiancavano
alla politica di qualità del latte sempre perseguita dall' azienda.
Nel 1994
la Centrale varava il progetto "qualità totale", volto a garantire
il massimo livello di qualità in tutti i cicli produttivi e di
distribuzione: il costante incremento degli standard qualitativi del
prodotto permetteva alla Centrale di offrire al mercato un latte
intero pastorizzato con il marchio di "alta qualità".
La
privatizzazione.
A
partire dai primi anni '90, si apriva una fase di intenso dibattito
politico sulla opportunità di procedere alla privatizzazione della
Centrale, cioè alla vendita dell' azienda a imprenditori privati. Il
dibattito investiva le amministrazioni cittadine succedutesi negli
anni e terminava nel 1999, quando il Municipio si pronunciava per la
privatizzazione e stabiliva i criteri di vendita.
Uffici della
Centrale del Latte di Milano
Nell'agosto del 2000, la Centrale veniva acquisita dalla società
Granarolo, una delle più importanti aziende attive nel settore del
latte fresco.
La
Centrale, un'istituzione milanese
Cominciava così il nuovo capitolo di una storia pluridecennale che
aveva visto il marchio della Centrale radicarsi profondamente nel
vissuto dei cittadini milanesi. La Centrale, prima ancora di essere
un'azienda, era un'istituzione milanese, perché così era stata
percepita dai cittadini abituati a una presenza costante e a un
marchio vissuto come proprio. Per alcuni milanesi, la Centrale era
l'immagine di una confezione di latte, come il tetra pack piramidale,
o il ricordo di una gita scola-stica nello stabilimento di Via
Castelbarco, o il pettorale bianco, blu e rosso della Stramilano, o
la crema di cacao ricevuta in dono nelle gare di corsa sponsorizzate
dall' azienda. Il marchio della Centrale era diventato una presenza
costante nella città, come l'adesivo sulla porta di vetro delle
vecchie latterie, a testimonianza di un lungo cammino percorso in
comune, di una storia scritta insieme nel corso del tempo.
2006 la chiusura.
Questa mattina la colazione dei
milanesi sarà senza latte. Solo caffè, marmellata e qualche fetta
biscottata perché, da ieri notte (e fino a tempo indeterminato), gli
operai della Granarolo-Centrale del Latte di Milano sono sul piede
di guerra: «Bloccheremo la distribuzione del latte a Milano –
annuncia Angelo Bulgarino (40 anni), operaio addetto alla cella
frigorifera e delegato “Rsu Flaicacub” – fino a quando la Granarolo
non deciderà di aprire un tavolo di trattativa serio, con le
rappresentanze sindacali, sul trasferimento dell’azienda presso gli
stabilimenti della Yomo di Pasturago di Vernate (Mi) e sulla
mobilità degli oltre 200 dipendenti della Centrale». Cancelli
bloccati, dunque, dalle 12 della scorsa notte e presidio degli
operai, muniti di guanti e sciarpe di lana, della storica fabbrica
di via Castelbarco determinati a manifestare il loro dissenso verso
la politica che l’azienda sta adottando nei confronti dei propri
dipendenti: «Una politica incerta e rigorosamente incentrata sul
risparmio a discapito della qualità del prodotto – commenta un
sindacalista mentre sventola una bandiera giallo-rossa delle
Rappresentanze Sindacali .
Locale
caldaie della Centrale del Latte di Milano
Un altro pezzo di storia
della nostra città se ne va. La Centrale del Latte di Milano finirà
tra le nebbie di Pasturago di Vernate. Termine ultimo: agosto 2006.
Nata nel 1927 la “fabbrica del latte” dei milanesi ha sempre avuto
come punto di forza il latte fresco e per oltre settant’anni ha
svolto l’attività di raccolta, lavorazione e commercializzazione del
latte e dei suoi derivati. Ma l’accordo fatto con il Comune di
Milano è irrevocabile, per cui 242 dipendenti, 103 automezzi ed i
mosaici realizzati da alcune scuole ed artisti milanesi raffiguranti
mucche divertite ed al servizio del consumatore, lasceranno la città.
Per sempre. «Vada per il trasferimento – dicono –, ma vogliamo che
si riapra il dialogo siamo stanchi delle scelte unilaterali che non
coinvolgono i lavoratori. Abbiamo paura di perdere il lavoro”.
L’aria che si respira è di scontro. Alla fine la Centrale del latte
non c'è più.
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